Spedire online, Storie e Scenari

Domenico Taverriti /

Conosci i nostri Partner: NAMA STUDIO, ovvero Shopify e progetti di inclusione, sostenibilità, promozione delle diversità

La Co-Founder Lavinia Siardi ci racconta come sta crescendo la realtà NAMA STUDIO e come stia cercando di diventare protagonista nel mondo e-commerce con un approccio innovativo e che punta dritto verso i valori della sostenibilità ed efficienza, accostate a preparazione e competenza.

Conosci i nostri Partner: NAMA STUDIO, ovvero Shopify e progetti di inclusione, sostenibilità, promozione delle diversità

illustrazione di Fabio Massimo De Luca

Ciao Lavinia, partiamo subito da Nama Studio, chi è Nama Studio e cosa fa. Ma soprattutto come? Sono molto interessato al tema inclusione, sostenibilità e promozione delle diversità.

Nama Studio è un piccolo studio e-commerce con focus Shopify, formato da tre donne.

Silvia, Rossella ed io ci siamo conosciute presso il principale Shopify Plus partner giapponese, a Tokyo qualche anno fa lavoravamo tutte per questa realtà.

Abbiamo scoperto shopify e oltre a esserci effettivamente innamorate della piattaforma che poi anche in Italia negli ultimi anni ha decisamente preso piede, abbiamo pian piano iniziato anche ad accumulare una consapevolezza su come volessimo un po’ riallineare il nostro lavoro.

Anche con i valori in cui credevamo.

Dopo aver fatto qualche anno di rodaggio presso questa Agenzia, abbiamo deciso di rientrare in Europa e di aprire uno studio che fosse tutto nostro, con l’obiettivo inizialmente di lavorare con almeno per 1/3 della nostra capacità, con progetti legati a imprenditoria della diversità, in particolare imprenditoria femminile, a progetti sostenibili e progetti a sfondo e stampo etico. Era un obiettivo che ci sembrava già molto ambizioso all’epoca, in realtà ormai sono quasi due anni di NAMA, quindi pochi, ma a noi sembrano tanti, soprattutto con quello che è successo nel mondo ecommerce negli ultimi due anni. Abbiamo raggiunto un buon 70/80% della nostra capacity, lavorando su progetti di questo tipo, per cui è stata una specializzazione che è arrivata da un desiderio di fare qualcosa in cui credevamo e associarci a dei brand in cui credevamo.

Chiaramente questo ha portato anche a sviluppare un expertise che non fosse solo legata all’e-commerce, al come si costruisce un e-commerce, al migrare da altre piattaforme verso shopify o creare e-commerce da zero, ma anche a farlo per dei brand che hanno comunque delle criticità importanti alla base.

Ci presentiamo come una Boutique Agency, nel senso che siamo in tre e facciamo tutto noi, facciamo tutto in-house e lavoriamo con pochi clienti all’anno, però in modo molto selezionato, molto approfondito, per cui ci piace scegliere con chi collaboriamo e farlo il più possibile per persone o brand che hanno valori che condividiamo.

I vertical in cui ci muoviamo prevalentemente sono quello del food – che è un ottimo mercato in cui muoversi per delle golose come noi – quello della moda sostenibile, moda legata all’upcycle, con riciclo tessuti e via dicendo, e quello della cosmetica e soprattutto cosmetica naturale.

Per i lettori meno sofisticati: ci descrivi quali sono e come sono gli e-commerce sostenibili e democratici?

Parto dall’ “e-commerce democratico”, che è forse il più semplice e circoscritto da spiegare, partendo proprio da shopify. Ciò che ci ha sempre colpito di shopify è che fosse una piattaforma estremamente abbordabile, nel senso che si può lanciare  il proprio e-commerce con un investimento minimo.

Si possono costruire chiaramente degli ecosistemi molto complessi con shopify, ma per avere uno store funzionante con un check out affidabile e tutti gli elementi che possono contribuire a una vendita fluida, i prezzi sono molto accessibili.

Il servizio è molto alto, quindi sicuramente shopify ci ha anche insegnato molto questo concetto di e-commerce democratico. Non solo, la piattaforma poi ha aperto tutta una serie di programmi per supportare quella che si può in qualche misura chiamare imprenditoria della diversità, cioè per supportare quei merchant che non fanno parte della categoria standard dell’imprenditore, che è mediamente l’uomo bianco che proviene da una classe sociale economica piuttosto agiata.

Ci piaceva l’idea di fare questa cosa, noi come agenzia, in diverse declinazioni, offrendo dei prezzi  abbordabili, mantenendo alta la qualità del servizio, ma anche offrendo dei progetti scalabili. Quindi ci capita di parlare, a volte con dei merchant che magari non hanno un budget sufficientemente alto per giustificare a livello proprio di sostenibilità economica per noi un progetto ex novo.

In questo caso cerchiamo almeno di affiancarli con dei workshop e delle consulenze in modo tale che possano avere un esperto che in qualche modo gli fa da backup per la costruzione del loro sito, li faccia andare online con la tranquillità di avere comunque qualcuno che conosce la piattaforma approfonditamente e può magari anche sottolineare quelle piccole limature che però effettivamente possono fare la differenza sia a livello di funzionamento che poi di conversioni.

L’altra cosa che noi cerchiamo di fare è consegnare degli store che siano il più possibile se non al 100% gestibili dal merchant. Quindi cerchiamo di non creare una dipendenza tecnica da noi o una qualsiasi altra realtà di sviluppo web.

Ci piace l’idea che non si sia necessariamente dipendenti da un e-commerce expert per poter portare avanti il proprio business.

A questo ci piace affiancare anche un lavoro di networking. Chiaramente noi siamo esposte a livello di packaging, di sistemi, di spedizioni, di best practices a livello anche comunicativo.

Ci affianca e anzi fa questo lavoro, su una scala anche molto più ampia rispetto a quanto lo facciamo noi, una piattaforma chiamata MindfulCommerce. Per chi fosse interessato a questi temi, sicuramente la consiglio, ha avuto origine in UK e in qualche modo vuole servire da catalizzatore verso quello che comunque vediamo essere un movimento sempre più di massa. Cioè quello di pensare a un e-commerce in un modo sempre più sostenibile ed etico. 

Per concludere il concetto di “e-commerce sostenibile” è chiaramente legato anche, come dicevamo prima, alla capacità di vendere senza necessariamente “sporcare” con troppo spam, troppe newsletter, un approccio al customer troppo aggressivo, ecc. Anche perché tutte queste attività hanno anche una loro emissione, di cui spesso siamo inconsapevoli.

Cerchiamo quindi di privilegiare dei siti che abbiano uno storytelling forte e che quindi puntino una conversione non per sfinimento, ma effettivamente per valore messo a disposizione dell’utente.

Se tu avessi un e-commerce oggi su quali elementi ti concentreresti per una crescita sana e sostenibile del tuo business?

Sicuramente si parla sempre di più, ma non se n’è parlato abbastanza fino a un paio di anni fa, di un elemento fondamentale per una scalabilità sostenibile sotto tutti i fronti di un e-commerce, che è quello di una gestione a livello di back-office, ma anche soprattutto di logistica e magazzino, più chiara e con lo streamline più organizzato possibile. 

Una crescita improvvisa, senza una struttura solida è veramente rischiosa perché può risultare che un customer service si trovi a gestire delle problematiche che non necessariamente è in grado di gestire, quindi, facendo uno step indietro, appunto logistica, gestione inventario e gestione spedizioni e ordini devono essere solide. Quando abbiamo visto un nuovo player come isendu sicuramente è stata una notizia molto bella vedere che anche sull’Italia stanno crescendo offerte che, perlomeno sulla parte di spedizioni promuovono, con un approccio internazionale, un sistema fluido e scalabile.

Numero 2, il customer service è sicuramente fondamentale. Non solo il fatto che sia raggiungibile, ma anche il fatto che sia ad personam. Questo non significa che non debba essere automatizzato, anzi noi siamo grandi fan delle automazioni e cito una piattaforma che noi consigliamo sempre, che è gorgias.

Il terzo elemento, qua mi ripeterò però vedo che è un trend non solo per gli idealisti, ma sempre più in realtà per la media dei consumatori è quello proprio della sostenibilità. Sostenibilità dello store.

Sia a livello di prodotto che a livello di sito e infrastrutture e anche e soprattutto a livello di trasparenza.

Le statistiche ci dicono che la maggioranza dei consumatori ormai fanno uno shopping che è più legato ai propri valori che alle proprie necessità pratiche.

Al tempo stesso si tratta soprattutto nelle nuove generazioni di consumatori sempre più informati e quindi che esigono dei report, delle spiegazioni, delle narrazioni chiare, trasparenti rispetto a quello che è l’impatto ambientale.

Riguardo alla nuova Partnership con isendu, cosa ne pensi dell’automazione logistica?

Il tema è molto caldo perché nell’agenzia per cui lavoravo prima ero proprio partnership manager e tutt’ora per Nama sono quella che segue i dialoghi con i nostri partner.

Credo nelle partnership come qualcosa che va al di là del Revenue share, come qualcosa che sfocia in una collaborazione, in un dialogo, in una contaminazione reciproca, perché è fondamentale anticipare le richieste degli utenti.

Solo con il dialogo tra realtà che vedono sfaccettature e aspetti diversi del mondo e-commerce si possa effettivamente andare a costruire delle roadmap di prodotto o di servizio che poi diventino concretamente utili a quelli che sono gli utenti finali.

Riguardo alla piattaforma mi ha colpito la qualità delle tecnologie e la user experience. Ci è piaciuto molto l’approccio-isendu, collaborativo e non puramente commerciale.

Avere dei partner come isendu è estremamente tranquillizzante, il privilegio di lavorare su e-commerce con piattaforme come Shopify e servizi come isendu è quello di avere a disposizione software top di gamma per creare un pacchetto che quasi gira da solo. 

Una previsione sul futuro, quale o quali saranno i nuovi trend del mondo e-commerce?

Sicuramente quello che vediamo è come l’e-commerce, inteso come la vetrina online, il sito web dove si vende online, sarà sempre di più un punto d’approdo e non un punto di partenza e anzi, con tutta una serie di soluzioni headless a volte anche molto molto d’avanguardia.

Penso che il negozio online sarà sempre più il motore di uno shopping che avverrà sempre di più sui social, sui giochi, ad esempio Shopify ha già fatto alcune collaborazioni di esperienze di shopping, praticamente di gamification dello shopping, quindi estremamente interattivo.

Quindi uno shopping su Tik Tok, Facebook, Instagram, Pinterest e via dicendo. Ma anche una maggiore comunicazione dell’offline con l’online. È interessante vedere come si cerca molto spesso di replicare determinate esperienze offline nell’online, come può essere il camerino virtuale oppure l’esperienza in store con delle simulazioni video 3D.

Non è più un tema di una multicanalità ma di omnicanalità, sarà sicuramente chiave non solo a livello appunto di canali, ma anche di internazionalizzazione del commercio. 

Avere a portata di click di beni, prodotti, servizi venduti in tutto il mondo rende i consumatori molto desiderosi di poter acquistare da tutto il mondo, chiaramente ancora di più in un momento in cui le storie dei prodotti sono così importanti.

Da questo punto di vista noi vediamo da parte dei brand italiani una richiesta sempre più importante e sempre più massiccia di internazionalizzazione dei propri store, anche perché la qualità italiana continua a essere riconosciuta a livello internazionale.

E per finire, ripetendomi ancora una volta, andando un po’ più sul tecnico vediamo sempre più strumenti per misurare il proprio impatto a livello di attività e-commerce, non solo per quanto riguarda le spedizioni, che forse potrebbe essere la parte più intuitiva, ma ci sono sempre più servizi di consulenza e offsetting che guardano a una fotografia più grande del proprio business e da questo punto di vista che sarà un qualcosa a cui tutti dovremmo guardare. Un po’ come le automobili che hanno dovuto diventare a emissioni sempre più basse nel corso del tempo, anche in siti web, per quanto impercettibilmente, hanno le loro emissioni, tutta una serie di attività nascoste dietro lo schermo.

Chiudo con la domanda con cui spesso apro le mie interviste, chi è Lavinia Siardi?

Sono nel mondo dell’e-commerce diciamo un po’ per caso o per destino. Arrivo da un background di management, in realtà di management dell’arte. Ho studiato appunto management dell’arte perché sono molto appassionata di cultura, arte, musica nello specifico. 

Quello che mi ha avvicinato al mondo del digitale  è stata una tesi di laurea sui servizi di streaming musicale in Giappone, che quindi in realtà ha un contatto con l’ecommerce molto più approfondito di quello che uno possa pensare, anche perché alcuni dei temi caldi in Giappone sono legati ai metodi di pagamento, quindi questo anticipato sicuramente una serie di riflessioni che poi mi sono trovata a fare in modo molto presente sul mio lavoro, questo mi ha messo in contatto con quella che era la prima agenzia per cui ho lavorato, appunto in Giappone e l’e-commerce mi è piaciuto molto perché è un mondo che pone molte sfide.

Di vario tipo, molto legato all’imprenditoria, che è un aspetto che a noi piace e non per niente ci siamo appunto messe in proprio dopo un periodo anche abbastanza breve se vogliamo, di esperienza sul campo e l’imprenditoria alla fine ha un misto di salto nel vuoto, ma anche emozione per quello che si fa, che a me, ma penso di poter parlare anche delle due Socie, Silvia e Rossella piace molto, cioè ci piace la costante messa in gioco, la possibilità di decidere in che direzione andare, chiaramente con tutti i rischi del caso.

L’essere nata come persona molto appassionata di contenuti, forse perché è un po’ idealista, mi ha sicuramente rispecchiato nel modo in cui abbiamo deciso di fare imprenditoria. Una cosa di cui noi chiaramente andiamo molto fiere, in un panorama italiano che è ancora a forte componente maschile, è quello di essere un’Agenzia di sole donne.

Per darvi qualche nota, invece, è molto più leggera e personale mi considero un’appassionata di musica, ho anche suonato per tanti anni.

Ho fatto uscire il mio ultimo disco due anni fa, la mia anima nascosta è sicuramente quella da musicista.

E a livello di grandi altri interessi sicuramente io insieme alle altre due NAMA siamo grandissime appassionate di cucina e chiaramente di cucina giapponese, avendo vissuto là molto a lungo e quindi questo sicuramente è l’hobby che in tre condividiamo di più. Più mangiare che cucinare!

Domenico Taverriti

Scritto da:

Domenico Taverriti

Community Manager

Un gruppo di persone che condivide un obiettivo comune può raggiungere l’impossibile.